Fare il pescatore, in uno scenario di settore già fortemente messo alla prova da una crisi annosa, è diventato più complicato che mai.
In Puglia, la rarefazione delle risorse marine, le scarse politiche a sostegno dei pescatori e il crollo dei prezzi (le importazioni di pesce coprono ormai oltre il 70% della domanda) hanno portato negli ultimi 10 anni ad una riduzione del 30% della flotta e della produzione. Inoltre, i pescatori pugliesi si trovano a far fronte alle norme a tutela degli stock ittici concepite in sede europea più per le flotte imponenti della pesca atlantica che per quelle della pesca mediterranea, fatta di piccole barche con pochi membri di equipaggio. In particolare, la legge 154/2016, che prevede sanzioni fino a 150mila euro e il ritiro della licenza per chi non rispetta le misure stabilite da Bruxelles per i pesci e per le dimensioni delle reti a strascico, sarebbe, secondo i pescatori, incompatibile con e caratteristiche del mare Adriatico, e renderebbe di fatto impossibile attingere il pesce nelle acque locali.
Per una categoria che può pescare tre/quattro giorni a settimana e solo se il tempo lo permette, che non ha cassintegrazione e che deve dividersi le risorse sempre più risicate con paesi con regole di pesca molto più permissive, la vita si fa sempre più dura: in un mare il cui equilibrio biologico è profondante condizionato dalle attività umane a terra e dai cambiamenti climatici, l’orizzonte del futuro è sempre più incerto.